1. “Trattare l’argomento del doping, per me, è stata una via obbligata. Quando mi resi conto che il mio lavoro di allenatore ad alto livello, oramai, si scontrava con questa realtà ho deciso di reagire. Stavo all’interno del palazzo, sapevo cose che altri non potevano sapere, non potevo accettare, come facevano tutti, quella situazione. Sono voluto andare contro quella massa informe che è il doping, una massa informe che va contro gli interessi della collettività e che riduce lo sport a mero strumento per fare carriera. Mi sono sentito in dovere di intraprendere questa lotta”.
  2. “All’inizio vedevo la mia attività come uno scontro circoscritto alla Federazione Nazionale di Atletica, una lotta interna. Solo col tempo mi sono reso conto che quello che succedeva nell’atletica era parte integrante di un sistema ben più ampio. Era un tassello di ciò che faceva il CONI e di ciò che facevano anche le altre nazioni con le rispettive organizzazioni sportive.
  3. “Di LanceArmstrong (nella foto) sapevo da diverso tempo grazie a diverse fonti, tutte estremamente affidabili. Già nel 1999 un giornalista dell’emittente France3 mi contattò sconvolto poiché, dopo una tappa del Tour, era entrato con una telecamera nella stanza di Armstrong e lì aveva trovato nel cestino varie fiale e la confezione di un prodotto per l’anemia dei cani ed utilizzato, nel caso specifico, per migliorare la resistenza. Purtroppo, negli anni si è sviluppata la figura del giornalista pseudo amico del campione, che si sente in qualche maniera illuminato di luce riflessa. L’ambiente faceva finta di non sapere”.
  4. “Sempre, coloro che praticano il doping, scoperti o solo sospettati, si caratterizzano per frasi del tipo “per vincere bisogna essere comunque dei grandi campioni e ci vuole sempre grande talento”. Non è così. L’EPO e tutti i prodotti ormonalihanno un effetto che è dirompente sulle prestazioni. Il doping spregiudicato compensa anche un talento piuttosto scarso. Poi è chiaro che chi è anche forte, logicamente, sfrutta ulteriormente dei vantaggi indebiti”.
  5. “Il doping si basa su farmaci, che sono poi usati in maniera impropria e qui la responsabilità è delle case farmaceutiche che producono alcuni di essi ben al di là dei bisogni reali dei malati, e non c’è nessun organismo governativo sovranazionale che controlli i dati relativi alla produzione farmaceutica commisurata alle statistiche relative all’effettiva necessità di un farmaco. Quella sovrapproduzione è chiaramente indirizzata a individui sani”.
  6. “La lotta al doping tocca sostanzialmente due fattori: il rischio per la salute pubblica e la diseducazione dei giovani, che vengono in contatto con un ambiente annegato nei farmaci. Entrambi sono fattori che dovrebbero attenere alle competenze governative. Invece, non avendo mai avocato a sé queste funzioni, l’organizzazione sportiva s’è trovata nell’assurdo doppio ruolo del controllore controllato”.
  7. “In Australia il Governo ha scoperto l’implicazione di diversi soggetti delle istituzioni sportive nella pratica del dopingsu moltissimi atleti di altissimo livello in diverse discipline. Lo sconcerto è giunto fino al WADA, dove il Presidente è proprio australiano”.
  8. “L’allenatore pulito e vero finisce addirittura per essere umiliato dai successi ottenuti dagli atleti di quegli allenatori che spingono invece l’uso del doping. Tutto ciò va a configurare un vero e proprio attacco alla cultura, che porta ad un regresso delle metodologie scientifiche di allenamento perché molte persone non sono in grado di separare il falso dal vero e vengono così attratti dai metodi propagandati da coloro che vincono sporco”.
  9. “L’emo-doping, che usava ad esempio Alberto Cova, rivale di Stefano Mei, e che ha avuto il suo periodo clou negli anni ’80, permetteva, come specificato anche da Francesco Conconi, un miglioramento delle prestazioni quantificato in 40 secondi sui 10.000 metri. L’EPO è tutta un’altra cosa. Di EPO puoi metterne quanta ne vuoi, stando attento a non uccidere la persona se combini bene la somministrazione di essa ad un uso attento di fluidificanti come può essere la semplice aspirina. Ecco spiegato il perché del salto in avanti dei record mondiali avvenuto in concomitanza dell’avvento sul mercato dell’EPO”.
  10. La WADA oggi sa benissimo che il sistema di controlli antidoping fa ridere ed è aggirabilissimo e dunque si appoggia ad organi come l’Interpol ed alle forze di polizia dei diversi Paesi. In Italia c’è una stagione nuova per la lotta al doping, tant’è che in altre nazioni, come in Germania, le organizzazioni sportive, dopo aver visto il successo delle indagini giudiziarie italiane contro il doping, sta facendo di tutto per bloccare la promulgazione di una legge penale antidoping. Quindi perché mollare ora?”.

(dall’intervista a Sandro Donati di Andrea Rossetti del 14-2-2013, Il Giornale)