Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità il minimo necessario per garantire la vita sono 50 litri al giorno per persona, ma in Africa ce n’è meno della metà, 20 litri scarsi. In Italia usiamo mediamente 186 litri al giorno (record  negativo in Europa), un dato molto al di sotto dei consumi nordamericani, ma comunque in eccesso rispetto alle raccomandazioni di evitare consumi eccessivi.

Le ragioni dello spreco idrico? Si comincia con le perdite degli acquedotti, che arrivano fino al 30% dell’acqua trasportata. Giardini, balconi e attività domestiche spesso richiedono acqua che si potrebbe risparmiare (ad esempio riciclando le acque residue del lavaggio dei vegetali). L’uso domestico di acqua riguarda circa l’8-10% del consumo idrico totale.  Il 20-22% del consumo di acqua a livello mondiale è dovuto all’industria. In molti processi produttivi industriali si utilizza acqua industriale pulita sia nella produzione di beni che nel raffreddamento dei macchinari utilizzati nelle varie fasi di lavorazione. Nei Paesi che ricavano energia dal nucleare, come la Francia, le centrali nucleari hanno bisogno di enormi quantità di acqua per raffreddare i reattori.

Un ruolo rilevante è quello dell’agricoltura che consuma il 70% dell’acqua, prelevata dai fiumi, dai laghi e dalle falde sotterranee. Questo 70% è, in realtà, una media tra il 60% dei Paesi sviluppati e il 95% dei Paesi a basso reddito. I cibi che facciamo arrivare sulle nostre tavole pesano molto sul consumo idrico globale: per 1 chilogrammo di grano servono 1.300 litri di acqua, ma ben 3.400 per 1 chilogrammo di riso; con la carne rossa arriviamo addirittura a 16.000 litri. Adottare la dieta mediterranea significa avere un 30% di risparmio idrico rispetto alla dieta carnea nordamericana.

Da alcuni anni tutti questi dati sul consumo di acqua vengono sinteticamente raccolti da un nuovo indicatore, chiamato impronta idrica o water food-print. L’impronta idrica di un Paese è il volume totale di risorse idriche utilizzate per produrre i beni e i servizi consumati dagli abitanti della nazione stessa. Comprende l’acqua, prelevata da fiumi, laghi e falde acquifere (acque superficiali e sotterranee), impiegata nei settori agricolo, industriale e domestico e l’acqua delle precipitazioni piovose utilizzata in agricoltura. Nell’impronta idrica totale di una nazione è compresa anche la quantità derivante dal consumo di merci importate. La maglia nera mondiale di impronta idrica va naturalmente agli Stati Uniti (con quasi 2500 metri cubici di acqua dolce pro capite l’anno), seguiti – purtroppo – dall’Italia e dalla Thailandia.  L’impronta idrica di un prodotto è data, invece, dal volume totale di acqua dolce dell’intera catena di produzione necessaria per produrre quel prodotto. Per esempio, una maglietta per essere prodotta richiede circa 2.700 litri di acqua.                                          

L’acqua è una risorsa rinnovabile ma sempre più scarsa: la Terra dispone di 1,4 miliardi di chilometri cubi di acqua, ma solo lo 0,001% è effettivamente disponibile per l’utilizzo dell’uomo. Ogni anno il 22 marzo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua, una giornata importante per tutti ma soprattutto per chi come noi italiani usa troppa acqua. (2013)