Quasi 200 anni fa il grande gastronomo francese Jean Anthèlme Brillat-Savarin scriveva nella sua opera La fisiologia del gusto questa frase, diventata famosa “Il destino di una nazione dipende dal modo in cui questa si nutre”. Le parole di Brillat-Savarin trovano eco in diversi proverbi africani, che hanno come oggetto l’importanza della condivisione del cibo. Uno di questi recita: “Colui che rifiuta di condividere il nostro pasto non sarà mai considerato dei nostri”.

In Africa la malnutrizione cronica riguarda circa 60 milioni di bambini. L’ultimo rapporto dell’associazione Save the Children (A Life Free From Hunger, 2012) riporta testimonianze su un problema di fatto scomparso dai nostri media. Osservatori dell’associazione raccontano l’assenza di cibo nel fuoco alle ore dei pasti o i tanti bambini dei villaggi troppo debilitati per riuscire a giocare. In Paesi come Etiopia, Sud Sudan e Kenya in molte famiglie si mangia una sola volta al giorno, con pasti squilibrati in termini di nutrienti e deficit di proteine, calorie e vitamine. Quando i bambini africani muoiono di dissenteria o malaria, spesso è la malnutrizione cronica la vera responsabile.

Un altro drammatico problema di molti Paesi dell’Africa è quello dell’introduzione di cibi e culture d’importazione. In Senegal, ad esempio, la colonizzazione francese ha di fatto imposto il consumo di riso di importazione, di farina di grano – per produrre le famose baguettes – e di latte. Oggi per il piatto nazionale senegalese, il thiéboudieune (riso con pesce) vengono importate quasi 800.000 tonnellate di riso all’anno. Se si aggiungono le importazioni di farina di grano e di latte in polvere, la spesa del Senegal è di circa 53 milioni di euro l’anno. Con la crisi alimentare mondiale e l’aumento del prezzo dei cereali sul mercato internazionale, importare tutto ciò che si mangia equivale a suicidarsi. Il governo senegalese è corso ai ripari con la campagna “io mangio wolof”, rivolta soprattutto ai giovani, per ritornare al consumo di cibo locale. A mattino, ad esempio, colazione tradizionale con una pappa di miglio oppure con una tazza di kinkeliba (una specie di tisana) e del pane locale, a base di farina di mais e di grano. Una scelta importante per il Senegal, perché sempre più nei prossimi anni il destino dei popoli dipenderà dal cibo che arriverà nelle loro tavole. (2013)