Sull’onda della rivoluzione legata all’opera e al pensiero di Franco Basaglia i servizi psichiatrici del territorio hanno capito che lo sport può essere un formidabile strumento per agganciare persone con serie problematiche psicosociali o con disturbi gravi come la schizofrenia. A cavallo degli anni ‘90 è esistita nel Lazio una fondamentale, e unica nel suo genere, realtà di confronto sullo sport come progetto terapeutico: il Coordinamento Regionale Sport Integrazione Sociale, nato con la denominazione Comitato Regionale per le Attività Sportive nella Riabilitazione Psicosociale, e purtroppo conclusosi alcuni anni fa. Nei suoi oltre 10 anni di vita il coordinamento ha prodotto convegni, materiali di studio, occasioni di confronto per gli operatori, ma soprattutto attività sportiva per i pazienti dei Dipartimenti di Salute Mentale e delle Comunità Terapeutiche per tossicodipendenti. Tra le tante figure che hanno dato vita a questa importante realtà ricordiamo Mauro Raffaelli, psichiatra, e Angela Ovidi, infermiera, del DSM Roma A, Nicola De Toma, psichiatra del DSM Roma B, Luigi Trecca, psicologo, e Luigi Pucci, infermiere, del DSM Roma D, Santo Rullo, psichiatra di Villa Letizia, Marco Angeleri, psicologo di Villa Maraini (e, naturalmente, noi di Fratello Sole). Dall’intenso confronto con psichiatri, infermieri, psicologi e volontari di questo coordinamento è emerso il bisogno di utilizzare al meglio lo sport nelle istituzioni, in particolare lo sport di squadra.

Riportiamo dal bollettino della Comunità Terapeutica Fratello Sole dell’ottobre 2006 (CiTi News) alcuni interventi sullo sport come terapia, raccolti da Jacopo Segnini al termine dell’11° Torneo di Volley-DSM Lazio.  
Sport come terapia? Sembra decisamente di sì, soprattutto con alcune discipline che si prestano meglio di altre a questo tipo di intervento.  “Lo sport aiuta più della terapia perché migliora anche l’integrazione del paziente. La pallavolo è uno sport utilissimo per il gruppo dei nostri pazienti; ci permette di migliorare memoria, attenzione e concentrazione. Nel volley ci si aiuta, molto più che nel calcio ed inoltre non c’è il contatto fisico con l’avversario.” (Luigi Pucci). I risultati a volte non arrivano subito, ma per chi crede nello sport come progetto terapeutico si tratta solo di attendere con pazienza. “All’inizio si notano solo le disabilità, poi viene fuori la parte positiva. Per lavorare bene da un lato deve esserci una vera e sana competizione, dall’altro l’attività deve essere finalizzata all’integrazione.” (Angele Ovidi). La pallavolo è uno sport di squadra che non prevede il contatto fisico, come il calcio, ma richiede estrema collaborazione e attenzione a tutte le fasi di gioco. “La forza della pallavolo è nella squadra. Proprio nella squadra tutti si riconoscono ed è presente l’unità. Non si può giocare individualmente o separati, come nel calcio Per le persone che presentano dei deficit l’attività sportiva è di grande utilità, per una serie di ragioni. Innanzitutto, lo sport aiuta la loro formazione perché maturano, giocano e stanno insieme, mentre di solito si isolano. Inoltre, nell’attività motoria riescono a superare i difetti tecnici. “(Delfina Prete, dirigente UISP). Anche nella scuola, il difficile processo dell’adolescenza sembra trovare efficaci strumenti di confronto. “La sicurezza nelle relazioni è estremamente importante, così come conoscere realtà diverse. Ovviamente anche tra noi sono presenti vari gradi di “diversità” e ognuno di noi ha qualcosa da dare all’altro e da ricevere. La pallavolo in quanto sport di gruppo per eccellenza aiuta molto, perché c’è lavoro di gruppo, condivisione dell’obiettivo. Ci piace lo sport come convivenza pacifica e non come selezione dei migliori” (Vania Sereni, insegnante E. Mattei, Cerveteri). Anche le case famiglia per adolescenti trovano nello sport uno strumento di crescita e di lavoro per i loro ospiti. “I ragazzi che si trovano in una casa famiglia tendono ad avere una certa aggressività: lo sport aiuta i ragazzi a contenere e controllare la rabbia ed è un aspetto ludico ed educativo” (Loredana, operatrice Casa Famiglia La Tartaruga).

“Da vicino nessuno è normale” non è una citazione di Franco Basaglia, ma un verso di una canzone del grande cantautore brasiliano Caetano Veloso; nei primi anni ’90 questa frase così significativa è stata trasportata a Trieste e utilizzata nell’ex Ospedale Psichiatrico di San Giovanni come titolo di un laboratorio, diventando negli anni successivi la bandiera libertaria di molte iniziative contro lo stigma del disagio. Anche nello sport da vicino nessuno di noi sembra normale: quando ci mettiamo in maglietta e calzoncini le distanze si riducono, a volte scompaiono e sembriamo tutti un po’ matti e un po’ sani, ma soprattutto sembriamo tutti un po’straordinari. (2007)