Abolire le macchine? Fare a meno delle automobili private? Il problema qualcuno già lo poneva oltre 50 anni fa. “Ai 5.281 morti in incidenti stradali del 1954 possiamo contrapporre i 6.262 morti nelle guerre del Risorgimento, dal 1848 al 1870. E’ come se combattessimo ogni anno senza scopo e senza gloria, una sanguinosa guerra che lascia sul terreno migliaia di morti e decina di migliaia di feriti” (Quattroruote 1/1956).

Guido Viale nel suo libro del 2007 Vita e morte dell’automobile definisce l’automobile insostenibile dal punto di vista economico, ambientale e anche sociale. L’auto privata – dice Viale – è il mezzo di trasporto più stupido che ci sia: promette la libertà e ti imprigiona nel traffico – e per di più in una corazza di lamiera, in mezzo ai gas più mefitici che ci siano. È stata inventata per agevolare gli spostamenti e rappresenta oggi il principale ostacolo alla mobilità, sia in città che fuori porta. È sempre più dotata di comfort e apparati di sicurezza, ed è una delle principali cause di scomodità della vita moderna e di incidenti. Vediamo punto per punto i problemi di cui parla Viale. Intanto va premesso che il peso dell’auto sull’economia, come prodotto interno lordo, in Italia si aggira intorno al 15% e lo stesso vale per l’occupazione, nonostante la tendenza a delocalizzare la produzione in Paesi con meno tutele sindacali e salari più bassi. Per Viale il primo aspetto critico dell’auto è il consumo di spazio. Ogni posto-auto occupa uno spazio di 10 metri quadrati. In una città come Milano questi 10 metri quadrati vanno moltiplicati per 1.600.000 (il numero di macchine circolanti, metà di residenti, metà di pendolari); per far posto alle macchine spariscono oltre 16 km quadrati, più di 2.200 campi da calcio, il 10% del territorio comunale. Sono spazi sottratti all’uso pubblico, destinati a veicoli privati che rimangono fermi e inutilizzati per gran parte della giornata. Trasformare le strade e le piazze in uno spazio riservato alle auto significa sottrarle agli umani, cacciare gli uomini, le donne, e soprattutto i bambini e gli anziani, per far posto alle protesi meccaniche degli automobilisti, esseri nati bipedi e trasformati in robot a quattro ruote. Secondo aspetto critco dell’auto, gli incidenti stradali. Nel 1990, a 100 anni dal primo incidente mortale con una macchina, sono stati calcolate i costi dei primi 100 anni di mobilità con le automobili: 17 milioni di vittime e un numero molto più alto di invalidi e feriti (solo per gli incidenti stradali); una guerra mondiale di cui quasi nessuno parla (L’ imperialismo dell’auto di Hosea Jaffe, 2004). Negli ultimi anni ci siamo assestati su una media mondiale di 200.000 morti l’anno, di cui 6-7.000 in Italia con oltre 150.000 gravi incidenti. Non servono commenti. Terzo punto critico, l’inquinamento. Stime prudenti calcolano in 15 milioni le vittime del ‘900 per le patologie legate all’inquinamento da traffico; una cifra significativa che, però, rischia di avere poca importanza, se consideriamo un dato banale. Che succederà nei prossimi anni se Paesi come Cina, India o Brasile raggiungeranno il tasso di motorizzazione dell´Italia?  Quale potrebbe essere l’impatto sull´atmosfera terrestre, con un carico così elevato di emissioni? Nel 2000 circolavano per le strade del mondo quasi 550 milioni di macchine, di cui 400 nei Paesi OCSE (Europa, Nordamerica, Oceania, Giappone e Corea). Ma le cose stanno cambiando. La Cina, infatti, ha superato il Giappone nella produzione di auto e gli Stati Uniti nel numero di immatricolazioni; nel 2009 il mercato cinese è stato il primo mercato di auto al mondo con quasi 14 milioni di auto automobili prodotte sui 62 milioni complessivi – il 22% e quasi il 50 % in più rispetto al 2008-  il Giappone al secondo posto con 8 milioni, in terza posizione gli Stati Uniti con meno di 6 milioni, poi Germania, Corea del Sud, Brasile, India, Spagna, Francia e Messico; l’Italia è  18° con una produzione di 850.000 automobili. Per quanto riguarda il mercato dell’auto, in Cina nel 2009 sono state venduti 13,6 milioni di veicoli – automobili, bus e camion –  rispetto ai 9,4 milioni del 2008; negli Usa, invece, le vendite sono scese a 10,4 milioni. Secondo gli ultimi dati  l’Italia risultava nel 2006 al primo posto al mondo come numero di vetture circolanti per mille abitanti con 59 auto in circolazione ogni 100 abitanti. In Europa la densità automobilistica di Berlino, Londra e Parigi è di circa 30 auto ogni 100 residenti: in Italia due terzi delle città si collocano su un livello doppio, oltre le 60 auto ogni 100 abitanti. Il problema è il presente, con oltre 36 milioni di auto circolanti, ma è soprattutto il futuro. In molte città scandinave, olandesi, tedesche – ultimamente anche francesi e spagnole – si sta investendo in piste ciclabili, bici a noleggio (il bike-sharing), parcheggi per biciclette e modello di mobilità che associano il trasporto pubblico alla bici.  In Italia nessuna grande amministrazione ha ancora realmente fatto una scelta in tal senso e tutte le piste ciclabili delle città italiane equivalgono alla rete di piste ciclabili di Vienna, Helsinki e Copenaghen. C’è davvero molta strada da fare. (9-2010)