Troppo dolce, troppo grasso e troppo salato: questa la caratteristica di gran parte del cibo-spazzatura presente nei fast-food e negli scaffali dei supermercati. Nei centri di ricerca dellindustria alimentare si studia come provocare quello stato di appagamento che spinge ad un consumo compulsivo di un alimento: lo chiamano il “punto di beatitudine”, in inglese bliss point. I colossi alimentari e le catene di fast-food mettono nei loro prodotti il quantitativo esatto di zucchero, grassi, sale capace di generare nei centri del piacere del consumatore un bisogno incontrollabile a ripetere l’esperienza. Con meccanismi neurologici non molto diversi da quelli delle sigarette e della altre droghe scatta una forma di dipendenza che permette di vendere quantitativi enormi di patatine, merendine, snack salati, prodotti da forno e altro ancora. A questi tre eccessi nel nostro modo di mangiare (troppo dolce, troppo grasso, troppo salato) va necessariamente aggiunto il quarto eccesso: troppe proteine. La nostra alimentazione iperproteica prevede troppe proteine animali – rispetto a quelle vegetali- e troppa carne rossa e troppe carni conservate – rispetto ai modesti consumi di pesce di mare. Eppure nel più importante studio di popolazione degli ultimi anni (studio EPIC, 2005) il consumo di carne è fortemente associato al cancro del colon-retto: con due etti di carne al giorno – un consumo anomalo in Italia ma quasi normale in altri paesi o in certe fasce di popolazione – il rischio di tumore dell’intestino è doppio. Nei nostri pasti oltre al troppo c’è anche il troppo poco. Il pensiero corre alle porzioni di frutta e verdura. Quanti riescono a mangiarne effettivamente le 5 o 7 raccomandate? Eppure con questi prodotti vegetali si abbattono i rischi di moltissime malattie, si riduce il peso e lo si mantiene, si contrasta l’eccesso di cibi acidificanti (formaggi e carni in particolare) e di cibi con alto tenore di sodio (formaggi, salumi, prodotti da forno). In Europa gli esperti del Codice Europeo contro il Cancro (ECAC)  hanno tradotto tutti questi “troppo” in un semplice elenco di comportamenti protettivi.

La prima indicazione è quella di eliminare il tabacco e fare in modo che nessuno fumi intorno a noi, per l’estrema pericolosità del fumo passivo; la seconda riguarda il troppo alcol che molti bevono senza preoccupazioni: l’Ecac invita a ridurre al minimo il consumo di alcol; per la troppa sedentarietà c’è la raccomandazione a fare tutti i giorni 30’ di esercizio fisico, mantenendo un peso corporeo sano (né troppo magri né troppo grassi). Sull’alimentazione otto consigli per stare in salute e ridurre il rischio di cancro: 1) consumare cereali integrali (pane, pasta e riso); 2) consumare legumi (quotidianamente come fonte di proteine e di fibre); 3) consumare verdure e frutta; 4) limitare i cibi molto calorici (ricchi di zucchero e grassi); 5) limitare le carni rosse; 6) limitare i cibi ricchi di sale; 7) evitare le bevande zuccherate (aranciate, Coca Cola e simili);8) evitare le carni conservate.

L’ultimo troppo dei nostri giorni riguarda quelle persone – il cui numero sembra in costante aumento – troppo preoccupate dalla ricerca di un’alimentazione sana; in analogia all’anoressia – che rifiuta il cibo in quanto tale – si è coniato il termine ortoressia, per indicare un disturbo alimentare (DCA) che rifiuta il cibo che presenti qualsiasi tipo di rischio chimico o biologico. Appare evidente che oggi è difficilissimo alimentarsi senza correre rischi, ma il rischio di un’impossibile alimentazione sana e genuina al 100% è quello di mangiare solo le 3, 4 cose da produzioni controllate. Che fare, allora? La risposta io personalmente l’ho trovata tanti anni fa nelle parole di Gregory Bateson, uno dei grandi della biologia e della scienza del ‘900. La sua visione del mondo mi sembra sempre più valida sia nel mio lavoro di nutrizionista sia nelle scelte – alimentari e non – che quotidianamente compio. La natura – diceva Bateson – non ama né troppo né troppo poco: la natura ama le quantità ottimali. (11-2016, nella foto una conferenza del prof. Berrino)