Le prime esperienze di Banche del Tempo sono nate, per necessità, nell’Inghilterra tatcheriana degli anni ‘80, con il nome di LETS (Local Exchange Trading System) e si sono subito dimostrate un’idea originale per diffondere forme di economia alternativa. L’idea delle Banche del tempo è stata poi esportata in Sud America e in alcuni Paesi europei, come Francia (con la sigla SEL – Systèmes d’échange), Spagna, Olanda, Germania e Paesi Scandinavi. In Italia le prime Banche del Tempo vennero organizzate a Parma e a Santarcangelo di Romagna agli inizi degli anni ‘90. Alla fine del 1995 in Italia c’erano cinque Banche del Tempo, un anno dopo una settantina, oggi sono oltre 300.

Una caratteristica delle Banche del Tempo italiane è l’obiettivo dichiarato per il quale nascono: ricostruire e rinsaldare le relazioni tra le persone, a partire dalla considerazione che il tempo è oggi una risorsa scarsa per alcuni e troppo abbondante per altri. La Banca del Tempo, infatti, è il “luogo dello scambio paritario” in cui ognuno può mettere a disposizione il proprio tempo, quantificato in ore e non valore monetario, aspettandosi di ricevere la stessa quantità di ore e prestazioni, per le attività di cui ha bisogno o desiderio. Per le Banche del tempo un’ora di tempo impiegato ha valore di un’ora, a prescindere dalla prestazione offerta. Esempi? Un’ora di babysitter per un‘ora di inglese; un’ora di scuola di cucina per un’ora di lezione sull’uso del computer; e così via, con faccende domestiche, giardinaggio, lezioni di musica, di matematica, corsi di lingue.

Se si volesse riassumere la filosofia di queste iniziative, si potrebbe dire – riprendendo la testata del sito www.banchedeltempo.tn.it – che le Banche del Tempo servono a “diffondere la solidarietà” con quegli scambi talvolta sommersi ma che danno qualità e significato alla vita”. (9-2007)